Scriptorium

L’Abbazia di Montecassino è stata, nel Medioevo, una delle più importanti realtà europee di produzione e conservazione libraria; si tratta anche di uno dei rari casi di monasteri medievali che conserva ancora oggi una quota consistente di codici prodotti nel proprio scriptorium o acquisiti dall’esterno. Tali libri rappresentano, oltretutto, la testimonianza pressoché unica dell’antico splendore dell’Abbazia, essendo scomparse o sopravvissute in forma frammentaria le altre testimonianze artistiche, a loro volta ricostruibili prevalentemente, e solo in minima parte, attraverso la memoria indiretta delle fonti scritte. Montecassino ha un ruolo centrale per la trasmissione dei testi, antichi e medievali, la maturazione di una specifica scrittura (la minuscola beneventana ‘cassinese’), lo sviluppo di una tradizione decorativa originale, il perfezionamento e la reinterpretazione di tipologie librarie peculiari (i rotoli di Exultet).
Libri e lettura compaiono già nella Montecassino delle origini e nella Regola del suo fondatore Benedetto. I monaci sono tenuti a leggere e studiare sia in comune che in privato, attenendosi ad una precettistica rigorosa che inserisce la lettura e lo studio fra le attività quotidiane. Alla prospettiva di Benedetto – come più in generale al monachesimo delle origini (salvo poche eccezioni) – è estranea l’idea stessa di cultura: la lettura, prescritta dalla Regola, ha come oggetto le Sacre Scritture, le opere dei Padri, i testi finalizzati alla celebrazione del culto e alla preghiera personale.

Nell’alto Medioevo libro e scrittura diventano strumenti con cui la scuola monastica si sostituisce a quella tardoantica e il lavoro di copia diventa un’attività offerta al Signore per l’espiazione dei peccati e la salvezza dell’anima. Scattano così anche meccanismi di conservazione di libri e documenti. I primi libri prodotti a Montecassino a partire dalla fine del secolo VIII sono espressione di una cultura ancorata alle radici della Regola, ripiegata sull’insegnamento scolastico e sulle esigenze tecnico-pratiche dei monaci. Nell’organizzazione scolastica, nella manifattura libraria e nell’incremento bibliotecario della Montecassino del periodo svolge un ruolo essenziale la figura di Paolo Diacono (Cividale del Friuli 720 – Montecassino 799), monaco, storico e poeta educato alla corte longobarda di Pavia. I monumenti librari più importanti di quest’epoca (fra cui la miscellanea grammaticale Par. lat. 7530, il Cassiodoro Bamberg. Misc. Patr. 61 o l’Isidoro Cava 2) sono conservati al di fuori di Montecassino.

Nel corso del IX secolo, fino alla distruzione saracena dell’anno 883 e al successivo trasferimento dei monaci prima a Teano e poi a Capua, della produzione dello sopravvivono codici di contenuto e utilizzazione scolastica e poche testimonianze miniate di livello elevatissimo, fra cui il Casin. 3 (una miscellanea astronomica) e il Casin. 97 (una raccolta di trattati medici). A Capua, durante l’esilio, viene prodotto anche il codice monumentale della Regola, il Casin. 175, che la miniatura di dedica, in cui compare l’abate Giovanni I, consente di datare fra il 915 e il 934. Si tratta della prima di una serie di analoghe scene di dedica riprese in codici di età successiva (Casin. 73, Casin. 99 e Vat. lat. 1202).

Con il rientro dei monaci in Abbazia ha inizio una fase di produzione libraria incerta stilisticamente, ma consistente quantitativamente e diffusa capillarmente nelle dipendenze e prepositure dell’Abbazia e anche oltre i confini del territorio. Il patrimonio librario delle epoche precedenti viene consapevolmente rivisitato, ai fini della creazione di nuove tipologie testuali, grafiche, artistiche.

I grandi abati dell’XI secolo, Teobaldo (1022-1035) e soprattutto Desiderio (1058-1087), sono accomunati da un’intensa attività di costruzione di edifici, acquisizione di suppellettili liturgiche, produzione libraria. All’età teobaldiana appartengono due fra i monumenti assoluti dell’arte libraria cassinese: i Moralia di Gregorio Magno (Casin. 73) e il De rerum naturis di Rabano Mauro (Casin. 132). Quest’ultimo codice è decorato da oltre 300 miniature che costruiscono un grandioso commento figurato del mondo medievale, in cui si mescolano storia sacra e storia umana, piante, animali, natura dell’anima e del corpo, fenomeni atmosferici e computo del tempo, vita di città e di campagna, mostri e meraviglie, oggetti quotidiani e lavoro, ciclo della vita fra nascita e morte.

L’età dell’abate Desiderio, divenuto poi papa con il nome di Vittore III, segna il vertice della produzione libraria cassinese. Durante il suo abbaziato viene ricostruita splendidamente, in soli 5 anni (1066-1071), la basilica, e il monastero si arricchisce di mosaici, smalti, oreficeria liturgica, che testimoniano, tra le altre cose, l’importanza delle influenze bizantine nel processo formativo delle maestranze cassinesi. Al mecenatismo architettonico si affianca quello librario: sono anni importanti anche per lo scriptorium, con la messa a punto della scrittura beneventana nella sua forma classica e l’allestimento di un corpus di circa 70 codici, molti dei quali splendidamente miniati. La biblioteca dell’epoca di Desiderio era ricca dei libri da lui promossi, di altri anteriori e di doni provenienti dall’esterno; alla Montecassino desideriana dobbiamo la conservazione di alcuni fra i più noti testi antichi e medievali, al centro di un preciso progetto di renovatio librorum, e soprattutto l’allestimento di codici di lusso, dall’abate destinati al corredo liturgico della basilica, come il lezionario ora Vat. lat. 1202, gli omiliari Casin. 98 e 99, gli Exultet Vat. lat. 3784, BL, Add. Ms 30337, Barb. Lat. 592.

Sebbene la vitalità di Montecassino non si esaurisca con la fine dell’età d’oro legata all’abate Desiderio, e al suo immediato successore Oderisio, morto nel 1105, tra la fine del secolo XI e la prima metà del secolo XII inizia il lento declino politico dell’Abbazia, che si trova coinvolta nelle lotte tra papato e Normanni e nello scisma anacletano (1130), eventi che causano il venir meno della sua secolare autonomia, con riflessi negativi anche sulla sua attività artistica e culturale. Nonostante ciò, l’attività dello scriptorium non si interrompe nel XII e nel XIII secolo, anche se la storia della sua produzione libraria è stata spesso ingiustamente trascurata dagli studiosi, che l’hanno ritenuta una fase di stagnazione, in cui l’opera di trascrizione e di decorazione dei codici ripropone stancamente, in forme sempre meno sorvegliate, i modelli della Initialornamentik cassinese fissati nel periodo desideriano. Al contrario, studi recenti stanno dimostrando come lo scriptorium cassinese, pur fortemente ancorato alla sua tradizione locale di trascrizione e decorazione dei testi, si apra ad influssi provenienti dall’esterno. Il secolo XII, in particolare, è un momento di grandi cambiamenti e trasformazioni per Montecassino: si afferma, infatti, una nuova scrittura, la carolina. Tra la fine del secolo XI e la prima decade del XII la carolina si trova utilizzata in sempre, senza nessuna eccezione, in compresenza con la beneventana, per la scrittura del testo in codici di bassa qualità o per le annotazioni marginali; dalla quarta decade del secolo XII, invece, troviamo i primi codici interamente scritti in carolina, come i Casin. 257 e 361, due codici di piccole dimensioni ritenuti parzialmente autografi di Pietro Diacono, personalità dai poliedrici interessi e dalla vasta erudizione, che, entrato a Montecassino all’età di cinque anni, presumibilmente imparò a scrivere utilizzando in carolina proprio presso lo scriptorium, in cui, dunque, diversi modelli grafici coesistevano fianco a fianco. Tutti i manoscritti in carolina del XII secolo presentano una decorazione di tipo cassinese, che riprende forme canonizzate in età desideriana soprattutto per quanto riguarda le lettere iniziali, in cui predominano le tipologie nastriformi, costituite da fettucce multicolori su fondo oro e completate da racemi policromi, e quelle a tralcio dorato, in cui le lettere sono costituite da racemi d’oro su fondo rosso, porpora o blu. Dopo la metà del secolo XII i manoscritti in carolina, o in scritture di base carolina (espressione, questa, con cui ci si riferisce a quel vasto panorama grafico che dalle forme proprie della carolina evolve verso la textualis), con decorazione cassinese aumenta sensibilmente: ne sono esempio, oltre a numerose Bibbie glossate, non tutte però prodotte in loco, il Casin. 264, un Esodo con glossa ordinaria, e il Casin. 557, una Bibbia completa, entrambi dovuti in parte alla mano di uno stesso scriba, Ferro, che opera a Montecassino durante l’abbaziato di Teodino, tra il 1166 ed il 1167. Entrambi i codici rappresentano una novità per Montecassino, soprattutto la Bibbia di Ferro che, con le sue dimensioni contenute e il modulo ridotto della scrittura, si configura come un codice per lo studio personale ben diverso dalle Bibbie beneventane destinate alla lettura pubblica, o dai libri liturgici di apparato, per i quali si continua ad usare la scrittura beneventana almeno per tutto il XII secolo. Per quanto riguarda la decorazione, nel Casin. 557, accanto alle iniziali cassinesi, in numero maggiore, fanno una dello loro prime apparizioni, in questo scriptorium, le iniziali filigranate, che, invece, saranno prevalenti in un’altra Bibbia completa prodotta a Montecassino questa volta nel XIII secolo, il Casin. 35.

La fine del XII secolo e gli inizi del successivo costituiscono un momento particolarmente difficile per la storia dell’Abbazia, che viene coinvolta direttamente nelle lotte per la successione agli Svevi dopo la morte di Guglielmo II (1189), e poi nei conflitti tra il papato e Federico II, nonché nella generale crisi del monachesimo benedettino. La condizione di Montecassino migliora solo con la nomina ad abate del colto francese Bernardo Aiglerio (1263-1282), che segna la ripresa della vita culturale dell’abbazia. Nel corso del secolo XIII penetrarono a Montecassino, nelle tipologie ornamentali, i modelli gotici d’importazione francese (Casin. 440, che contiene il Commento alla Regola di Bernardo Aiglerio; Casin. 246 e Casin. 254, due Bibbie glossate) e con essi si affermano quelle minuscole di transizione che evolvono verso le forme proprie della textualis. Tra la metà del secolo XIII e gli inizi del XIV arrivano a Montecassino anche alcune Bibbie complete di origini francesi, come i Casin. 508, 509 e 519, anche se non sempre è possibile circoscrivere il momento di ingresso in Abbazia. Nello stesso periodo si susseguono brevi e instabili abbaziati, a testimoniare la crisi profonda dell’Abbazia, che papa Celestino V tenta anche di aggregare all’Ordine morronese; Montecassino viene successivamente elevata al rango episcopale dal papa Giovanni XXII nel 1322, nel tentativo di risollevarne le sorti. Nel settembre del 1349 un violento terremoto distrugge la basilica desideriana; la ripresa, lenta all’inizio, prende slancio per l’intervento del pontefice Urbano V (1362-1370), che restituisce a Montecassino lo status abbaziale.
Durante il Quattrocento l’Abbazia perde manoscritti preziosissimi per opera dei ‘cacciatori di manoscritti’ umanistici quali Poggio Bracciolini e Niccolò Niccoli, come il ben noto codice BPL 118 della Bibliotheek der Rijksuniversiteit di Leida, in beneventana di epoca desideriana, contenente il De natura deorum, il De divinatione ed il De legibus di Cicerone, o alcuni manoscritti ora conservati presso la Biblioteca Laurenziana di Firenze, come il Tacito Apuleio, Laurenziano 68.2, ed il Varrone, Laurenziano 51.10; altre spoliazioni si hanno con alcuni papi commendatari, come, ad esempio, nel caso del lezionario dell’abate Desiderio (Vat. lat. 1202), che, citato nel catalogo dei manoscritti cassinesi fatto redigere dal papa commendatario Paolo II contenuto nel Vat. lat. 3961, e già presente tra i codici latini della Vaticana sotto Sisto IV, vi sarebbe giunto con altri esemplari cassinesi chiesti proprio da Paolo II.
Lo scriptorium, comunque, non interrompe la sua attività: vengono curate nuove trascrizioni di testi agiografici (Casin. 466), di commentari ai testi biblici (Casin. 131), di estratti dai Moralia di Gregorio Magno (Casin. 118), ma anche prodotti nuovi testi. Tuttavia la storia dell’Abbazia conosce un periodo di profonda decadenza, dovuta alla perdita dell’autonomia, alle guerre, al suo diventare una pedina nei giochi di potere dell’Italia del Rinascimento.
Dal XV secolo la storia dello scriptorium di Montecassino, e dell’Abbazia stessa, è ricostruibile attraverso lo studio del fondo libri corali, costituito da settantadue manoscritti databili tra XV e XIX secolo. Il fondo comprende libri per la Messa (graduali e kyriali) e libri per la liturgia delle ore (antifonali, salteri e innari), vergati in scrittura gotica corale, con notazione quadrata su tetragramma. I manoscritti prodotti a Montecassino nel Cinquecento sono ventisette corali e riflettono, nel loro contenuto liturgico e nelle modalità di allestimento, l’annessione dell’Abbazia alla Congregazione di Santa Giustina, avvenuta l’11 novembre 1504, che segna una nuova primavera di spiritualità e di cultura per l’Abbazia. La committenza di questi corali è generalmente attribuita all’abate Ignazio Squarcialupi (ottobre 1510 – dicembre 1516; maggio 1520 – dicembre 1521; gennaio 1524 – dicembre 1526); essi furono decorati dai principali maestri miniatori del tempo, quali il Maestro del retablo di Bolea, Giovanni e Francesco Boccardi, Matteo da Terranova e Aloyse da Napoli. La committenza dei codici cassinesi, enfatizzando la perfezione e la sontuosità dei loro apparati codicologici, paleografici e decorativi, è centrale nel contesto religioso del Cinquecento ed è volta alla promozione del ruolo di Montecassino quale centro e guida del mondo benedettino italiano, sulla scia di una tradizione che prosegue oltre le soglie del Medioevo. Oltre a questi corali, infatti, fanno parte del fondo ventiquattro manoscritti provenienti dal monastero dei SS. Severino e Sossio, giunti a seguito della soppressione del monastero napoletano nel 1798, cinque manoscritti giunti dal monastero S. Pietro di Modena nel marzo 1897, e altri tre codici di diversa provenienza. La restante parte del fondo è costituita da quaranta manoscritti, perlopiù allestiti tra il XVI e il XIX secolo a o per Montecassino.

L’Università di Cassino e del Lazio Meridionale svolge da molti anni, in collaborazione con l’Abbazia, un importante lavoro di documentazione e di ricerca che ha prodotto mostre, cataloghi, banche dati, CD-Rom, siti web e svariati altri contributi.